Gli errori di una ricerca di mercato possono compromettere la strategia di marketing, il lancio di un prodotto o il riposizionamento di un brand, perché siamo in una delle fasi più importanti dell’intero progetto.
Eppure, la ricerca di mercato viene ancora affrontata con leggerezza o con metodi datati, anche da chi lavora in marketing da anni.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, fare ricerca è diventato più veloce e accessibile. Ma questo non ha eliminato il problema alla radice: molte ricerche di mercato sono progettate male, interpretate peggio e usate in modo superficiale.
In questo articolo ti spiego quali sono gli errori più frequenti in una ricerca di mercato, cosa comportano e come evitarli.
Se stai analizzando un nuovo segmento, costruendo un funnel o scrivendo un messaggio di vendita, questi punti ti aiuteranno a non sprecare tempo e budget.
(Se non sai da dove cominciare, qui trovi la guida completa su come fare ricerca di mercato con l’Intelligenza Artificiale.)

1. Partire senza una domanda chiara
Uno degli errori di una ricerca di mercato più comuni è iniziare “perché si deve fare”, senza sapere cosa si vuole realmente scoprire. Il risultato? Si raccolgono dati inutili o si interpretano con lenti sbagliate.
Ogni ricerca deve partire da una domanda strategica, ad esempio:
- “Cosa blocca i miei clienti dall’acquistare il prodotto?”
- “Quali bisogni non soddisfa ancora il mercato in questo settore?”
- “Che messaggi comunicano i competitor e quali spazi restano liberi?”
Senza una domanda guida, anche i migliori strumenti – AI inclusa – diventano dispersivi.
2. Affidarsi solo ai dati quantitativi
Molte aziende raccolgono numeri: età, località, interessi, clic, bounce rate. Ma non chiedono cosa pensano davvero le persone, come ragionano, quali parole usano, quali emozioni provano.
Questo crea una visione parziale e poco utile per prendere decisioni sul copy, sul posizionamento o sulla struttura dell’offerta.
Integra sempre dati qualitativi, anche semplici:
- Analisi delle recensioni (Amazon, Trustpilot, Google)
- Commenti nei forum o social
- Conversazioni via email, chat o supporto
L’obiettivo è comprendere il linguaggio del cliente, le sue paure, desideri, obiezioni. È da lì che nasce un marketing efficace.
3. Usare male l’intelligenza artificiale
L’AI ha cambiato tutto, ma ha anche generato un nuovo errore: usarla male, con prompt generici, senza contesto, aspettandosi risposte pronte all’uso.
Esempi classici:
“Quali sono i trend del mio settore?”
“Cosa vogliono i miei clienti?”
Risposte vaghe, poco utilizzabili e spesso basate su fonti non verificate.
L’intelligenza artificiale (come ChatGPT, Perplexity, DeepSeek) funziona se:
- le dai contesto specifico (settore, tipo di pubblico, fase del funnel)
- la interroghi in più passaggi (non ti fermi alla prima risposta)
- verifichi le fonti dei dati generati
Non è un oracolo, è uno strumento. Serve una mente strategica per guidarlo.
4. Ignorare i competitor (o copiarli male)
Un errore che vedo spesso: analizzare il proprio brand in isolamento, senza mappare cosa fanno i competitor. O peggio: copiarli senza capire perché fanno quelle scelte e se funzionano davvero.
Studia i competitor, ma con metodo.
Analizza:
- Le promesse che fanno (esplicite e implicite)
- I canali che usano (e quelli che ignorano)
- Le parole più ricorrenti nel loro copy
- Le recensioni e le critiche ricevute
Da qui puoi decidere come posizionarti in modo differenziante, invece di dire le stesse cose in modo meno efficace.
5. Non trasformare gli insight in azioni
Anche una buona ricerca può diventare inutile se non genera decisioni operative. Questo è uno degli errori più costosi: sapere cosa funziona… ma non cambiare nulla.
Capita spesso con consulenze finite in un bel PDF: tanti dati, zero impatto sul sito, sull’offerta o sulla comunicazione.
Ogni insight deve tradursi in una o più azioni:
- Cambiare il titolo di una landing page
- Inserire testimonianze dove serve riprova sociale
- Modificare la proposta per rispondere a un bisogno scoperto
Altrimenti, hai solo “fatto ricerca”. Ma non hai agito.
6. Cercare conferme invece che verità
Ultimo, ma fondamentale: molte ricerche vengono usate per confermare idee preesistenti, non per metterle in discussione. Questo è il cosiddetto “confirmation bias”: raccogli dati che ti fanno sentire a posto, ma ignori quelli che ti danno fastidio.
E così, ti convinci di avere ragione, ma il mercato non risponde.
Abbi il coraggio di lasciarti smentire.
Se scopri che le persone non vogliono quello che stai offrendo, cambia. Se non capiscono il tuo messaggio, riscrivilo. Fare ricerca serve a vedere più chiaramente, non a sentirsi meglio.
Hai bisogno di una ricerca fatta bene, senza perdere settimane?
Fare ricerca significa raccogliere dati per prendere decisioni migliori.
Ecco perché conoscere e evitare gli errori di una ricerca di mercato può fare la differenza tra:
❌ un brand che ripete sempre le stesse cose (e ottiene sempre gli stessi risultati)
✅ e uno che si differenzia dai concorrenti con precisione, strategia e vantaggio competitivo.
Io sono Stefano Aiello.
Aiuto imprenditori, freelance e consulenti a raccogliere dati utili, interpretarli con metodo e usarli per creare messaggi che vendono, offerte che funzionano e strategie che convertono.
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